Alcuni anni fa mi è capitato un acquisto interessante: un poderoso tomo contenente i lavori scientifici, delle più svariate discipline, dell'Accademia dei Lincei, nel lontano 1883.
Aveva attirato la mia attenzione per un articolo tutto sommato molto breve ma altrettanto interessante per l'argomento e l'area trattata: parla infatti del meteorite caduto nelle nostre piatte capagne, al confine tra le province di Brescia e Cremona nel 1883, più precisamente tra comuni di Alfianello e Verolanuova.
Ricordo di averne osservato alcuni frammenti presso il Museo di Scienze Naturali di Brescia, dove un'intera vetrina era dedicata a questo particolare fenomeno.
L'articolo narra tra l'altro che i villici, nasato l'affare e visto l'interesse suscitato tra studiosi e ricercatori, si misero a spacciare sassi e scorie di fusione per frammenti dell' "areolite" extraterrestre ma vennero ovviamente smascherati ben presto. Chissà che con i mezzi attuali non si possa rinvenire ancora qualche scheggia del bolide tra le molli zolle di terra di quei campi...
L'altro lavoro al'interno del tomo che mi ha convinto definitivamente all'acquisto è lo splendido lavoro sulle anemoni marine a firma di Angelo Andres, 1883
Ripropongo qui le 12 splendide tavole in cromolitografia.
Sicuramente l'intera annata del 1883 sarà disponibile in pdf su qualche portale, basterà cercare su google.
giovedì 4 dicembre 2014
martedì 25 novembre 2014
Cartoline dal futuro
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http://www.pinterest.com/pin/339388521890387908/ |
La forza del cuore moltiplica i diamanti delle candide mani di artisti e artigiani.
Essi percepiscono il ritmo del lavoro e si riempiono di miele le dita.
Lo sforzo congiunto attonisce lo sguardo dei ciechi.
La cooperazione commuove i Padri dell'uomo,
l'uno diventa dieci e quel dieci ride di speranza perchè già sa di essere cento.
Così progredisce la vita, nell'infinito .
lunedì 24 novembre 2014
Stelle comete o come te!
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Mike Berenson, The needles under the geminids meteor shower |
I segugi celesti fiutano in anticpo il
tramonto del mondo.
Troppi affanni, troppi affanni sembrano
bisbigliare.
L'uomo s'è dimenticato tutto, persino
di ricordare,
ricordare il suo alto lignaggio, Madre
Fiamma e Padre Uranos.
E invece di ardere e volare, trema di
freddo e sotterra le ali nell'antro nemico del Sole.
Così persino la gemma incandescente
avvizzisce,
persino il cuore d'oriflamma
arruginisce.
Non lasciate che gli artigli dei
rettili vi arpionino il sorriso rendendolo un ghigno malefico.
Avete perso la Gioia per Terra, la
Gioia di vivere per Terra
ma al buio non troverete più né una
né l'altra. Calpestate e distrutte.
Il vostro calcagno le ha frantumate e
così vi siete lasciati scappare l'infida serpe.
Il paesino dei Balocchi s'è
trasformato prima in Nazione ed ora in grande Impero
ma non ci son più grilli nei campi a
sussurare nelle ore notturne, per fecondare i vostri sogni,
i Pilastri del Patto Primordiale.
Suvvia Uomo, rialzati lo sguardo,
sporcati ancora di Cielo, spalmalo di nuovo sul tuo pane.
Hai inghiottito abbastanza fango non
trovi?
La via è lunga. Infinita.
Conduce in Alto e poi in Altro.
La collana dei Mondi è lunga.
Infinita.
L'evoluzione non è casuale, scopri le
tracce della Bellezza in ogni singola impronta costata il denso sangue dei
Millenni.
Come nei sentieri di montagna, ci sono
segni ben evidenti per non perdersi e vagare senza meta, basta saper
dove guardare.
Uomo, quante sfere che ti perdi
rincorrendone una riempita solo d'aria. Prendila a calci una volta
per tutte.
E ricorda, le mani chiuse non possono
accarezzare.
lunedì 27 ottobre 2014
Passeggiata nel Pliocene emiliano
L'escursione era nata dal desiderio di osservare una nuova specie fossile di mollusco d'acqua dolce, descritta nel 2008 dalla Professoressa Esu con il nome di Tanousia stironensis.
Il sito di rinvenimento è l'affioramento del Pleistocene inferiore (da 2,8 milioni di anni fa fino a 700.000 anni fa ca) del torrente Stirone (PR).
Qui il lavoro che descrive la nuova specie:
http://paleoitalia.org/media/u/archives/045_Esu.pdf
Purtroppo le condizioni di piena del corso d'acqua hanno impedito l'accesso nell'alveo per una ricerca approfondita.
Qui di seguito una carellata d'immagini che mostra il profondissimo solco lasciato dallo Stirone nel piano alluvionale tra S. Nicomode e Laurano, Parma.
I profondi canyons hanno incominciato a generarsi negli anni '60 a causa di un massiccio prelievo di materiale ghiaioso da parte di draghe ed escavatori che così facendo hanno portato alla luce i sottostanti strati argillosi.
La zona ripresa in foto ritrae le formazioni fluvio-lacustri e continentali, successive a quelle marine.
E' stato quindi necessario un rapido cambio di programma che mi ha portato sui primi rilievi appenninici, alcuni dei quali noti per essere ricchissimi depositi di conchiglie fossili risalenti all'epoca plioceneica ( da 5,3 milioni di anni fa a 2,6 milioni di anni fa).
I calanchi perlustrati risalgono al periodo più antico del Pliocene, detto Zancleano
(da 5,3 maf a 3,6 maf)
La sperenza era quella di poter ammirare in situ la malacofauna di ambienti marini piuttosto profondi(oltre100 m. di profondità).
Le conchiglie si rinvengono spesso alla base di queste ripide pareti, grazie al dilavamento dell'acqua piovana che le libera dalle argille in cui si sono preservate per milioni di anni.
Le frane e gli smottamenti di questi ambienti accidentati sono il substrato idoneo per le precocissime fioriture di Tussilago farfara L. 1753 ( nella foto i puntini gialli in basso)
Proprio alla base del calanco ho rinvenutro il primo fossile, la non comune Semicassis intermedia (Brocchi)
Il successivo rinvenimento è particolarmente gradito: la Stellaria testigera (Bronn, 1831) , ex Xenophora testigera, per nulla comune, si ritrova solitamente in frammenti ed è piuttosto difficile incontrarla intera ed in buone condizioni, come in questo caso.
Il sito di rinvenimento è l'affioramento del Pleistocene inferiore (da 2,8 milioni di anni fa fino a 700.000 anni fa ca) del torrente Stirone (PR).
Qui il lavoro che descrive la nuova specie:
http://paleoitalia.org/media/u/archives/045_Esu.pdf
Purtroppo le condizioni di piena del corso d'acqua hanno impedito l'accesso nell'alveo per una ricerca approfondita.
Qui di seguito una carellata d'immagini che mostra il profondissimo solco lasciato dallo Stirone nel piano alluvionale tra S. Nicomode e Laurano, Parma.
I profondi canyons hanno incominciato a generarsi negli anni '60 a causa di un massiccio prelievo di materiale ghiaioso da parte di draghe ed escavatori che così facendo hanno portato alla luce i sottostanti strati argillosi.
La zona ripresa in foto ritrae le formazioni fluvio-lacustri e continentali, successive a quelle marine.
Torrente Stirone, Parma |
Torrente Stirone, Parma |
Torrente Stirone, Parma |
Torrente Stirone, Parma |
Torrente Stirone, Parma |
Torrente Stirone, Parma |
Torrente Stirone, Parma |
E' stato quindi necessario un rapido cambio di programma che mi ha portato sui primi rilievi appenninici, alcuni dei quali noti per essere ricchissimi depositi di conchiglie fossili risalenti all'epoca plioceneica ( da 5,3 milioni di anni fa a 2,6 milioni di anni fa).
In tali aree sono caratteristici i calanchi: fenomeni d'erosione del suolo per azione dell'acqua piovana su terreni argillosi;
Esempio di calanco, dalle pareti molto ripide e fangose.Epoca: Zancleano,Pliocene. |
i quali erano il fondale marino,ricchissimo di vita, dell'antico mare che sommergeva tutta la Pianura padana generando il cosidetto golfo padano.
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l'antico Golfo padano durante il Pliocene. |
I calanchi perlustrati risalgono al periodo più antico del Pliocene, detto Zancleano
(da 5,3 maf a 3,6 maf)
La sperenza era quella di poter ammirare in situ la malacofauna di ambienti marini piuttosto profondi(oltre100 m. di profondità).
Le conchiglie si rinvengono spesso alla base di queste ripide pareti, grazie al dilavamento dell'acqua piovana che le libera dalle argille in cui si sono preservate per milioni di anni.
Le frane e gli smottamenti di questi ambienti accidentati sono il substrato idoneo per le precocissime fioriture di Tussilago farfara L. 1753 ( nella foto i puntini gialli in basso)
Proprio alla base del calanco ho rinvenutro il primo fossile, la non comune Semicassis intermedia (Brocchi)
Il successivo rinvenimento è particolarmente gradito: la Stellaria testigera (Bronn, 1831) , ex Xenophora testigera, per nulla comune, si ritrova solitamente in frammenti ed è piuttosto difficile incontrarla intera ed in buone condizioni, come in questo caso.
Stellaria testigera, esemplare giovanile. |
Stellaria testigera, esemplare giovanile Proseguiamo poi con un'Astrea fimbriata (Borson 1821) in condizioni piuttosto critiche. |
Dulcis in fundo una spettacolare, per dimensioni e stato di conservazione, Janiopsis angulosa (Brocchi 1814) rarissimo gasteropode esclusivo del Pliocene inferiore.
giovedì 23 ottobre 2014
N.2
LUCIDA
LE TUE LABBRA NELLO SMALTO DEL SORRISO!!
SCAGLIA
LONTANISSIMO LE TUE GRIDA DI TRIONFO!!!
BRANDISCI
LO SCETTRO DELL'ADDIO PER SALUTARE GLI AMICI:
CI
RIVEDREMO
CI
REINCONTREREMO
MA
NON QUI
MA
NON COSì
QUANDO
ALLORA?
LA'!
DOVE
DIAMINE?
SEMPRE!
Parola di potere: Felicità!
La casa dei nonni materni
è sempre stata per me, sin dall'infanzia, un micro mondo da
esplorare e pieno di tesori, fonte di continue scoperte risultate dal
rovistare,frugare e tossire in mezzo alla polvere, alla ricerca di
oggetti vecchi e preziosi.
Ho speso da ragazzino
innumerevoli ore tra cantine con ragni che non sfigurerebbero come
portata principale al cenone di Natale e intricati sottotetti da
percorrere a gattoni dove erano nascosti gli ori di famiglia (e le
fedi delle bisnonne scampate alla requisizione fascista).
Ho scavato, letteralmente,
in strati geologici di accumulazioni “compulsive” di persone che
hanno vissuto la fame, quella vera, e quindi non avrebbero osato
buttar via nemmeno un chiodo arrugginito e storto; infatti ci sono
ancora tutti, nei loro barattoli e scatoline, perchè, come direbbero
i proprietari:” Se sà mai..el po' semper servì...” .
Morale della favola: in
questa miniera di antiquariato spicciolo, dopo 25 anni di continue
razzie e ghiotte scoperte, nonostante il filone principale si sia
ormai esaurito, escono fuori ogni tanto ancora delle piccole
soprese.
L'ultima è stata un
copri federa di lino, recentemente trovato nei cassetti inesplorati
della biancheria,( per la semplice ragione che teli e tessuti erano
la cosa più lontana che il mio cervello da “tombarolo domestico”
potesse considerare come bottino), tipica produzione locale dei primi
decenni del '900, con ricamata, oltre ai classici decori floreali, la
scritta Felicità.
Questa reliquia di un
mondo ancora rurale, lento e sostanzialmente intatto, mi ha fatto
respirare per un istante l'aria di cent'anni fa. Come doveva essere
il risveglio e la colazione di quegli strani esseri umani che ancora
mangiavano il pesce dei fossi ed in quelle acque, da bambini, ci si
tuffavano. Ho tentate di immaginarmi i ritmi delle persone, i silenzi
e la quiete, dove le nevrosi, le ansie e gli stress erano malattie
sconosciute.
E troppo facile è stato
subito fare il paragone con un'attuale famiglia media,dove già alle
sette di mattina il televisore va a tutta birra, magari su qualche
telegiornale h24, per riempirci i polmoni di aria fresca, ricevere un
bacio sulla fronte e iniziare al meglio la nostra giornata con
efferatezze varie, condite da atti di terrorismo, perversità bieche
e l'immancabile montagna di morti.
E noi, bambini compresi,
assorbiamo come una spugna l'orrore e la morte,avvelenandoci,
letteralmente parlando, il sangue.
Tornando all'oggetto in
questione, quel piccolo esempio di artigianato, prodotto quando
ancora il lino era coltivato nei nostri campi cremonesi, mi ha fatto
percepire distintamente che abbiamo, nonosante tutto, perso un quid
immensamente piccolo e sottile quanto fondamentale, per la vita del
Pianeta ed il nostro equilibrio psicofisico. Come se i nostri
bisnonni di un secolo fa, incarnassero a loro insaputa, con il loro
stile di vita, i principi portanti della vita, del cosmo.
Noi, irrimediabilmente,
saremo costretti a non disprezzare le nostre radici o a celarle e
dimenticarle come facciamo ora, ma coglierne l'essenza e la lezione
di semplicità, perchè non ci sarà nessun progresso tecnico o
scientifico che permetterà di nasconderci dietro il dito della
nostra arretratezza umana e spirituale.Le sfide dell'immediato futuro
purtroppo non si risolveranno con un click o un app.
Di primo acchito, paroline
banali come Felicità, tatuate sul tessuto dalle menti semplici dei
nostri avi, ci inducono tenerezza e compatimento.
Altri tempi, tempi perduti
e per nulla da invidiare...diremmo noi.
Eppure...eppure c'è un
eppure!
Si può rintracciare una
scia sottile, una traccia indelebile che è resistita nei millenni a
tutte le censure, le persecuzioni, le inquisizioni, a tutti i
tentativi di far tacere una voce flebile ma antichissima.
Quelle paroline ricamate
con tanta pazienza da mani gentili sono un arcaico retaggio culturale
precristiano, c'è ancora un sentore di magia , sono parole e simboli
taumaturgici, dei talismani di protezione. I nostri avi, ma in
certi luoghi avviene ancora oggi, scolpivano o dipingevano sui
mobili, le culle dei neonati, le forme per il formaggio, sulle
entrate delle loro case, dalla Lombardia alla Sardegna, simboli come
il fiore della vita, poi recuperato e avvilito dal partito della Lega
Nord e da loro ribattezzato il Sole dell Alpi( l'hanno fatto
addirittura diventare marchio registrato...da rabbrividire!!).
Il concetto è il medesimo
delle parole ricamate, si utilizza un'immagine anziché delle
lettere, ma la sostanza è la medesima.
Persino l'acqua diventava
substrato propizio:
“Se a uno scienziato
parlate di acqua magnetizzata non avrà difficoltà ad accettare
l’idea; ma se gli dite di acqua benedetta o stregata, vi darà
dell’ignorante. Eppure la distinzione sta solo nel termine usato,
poiché in essenza l’energia è la medesima.
È tempo che la scienza espanda i propri orizzonti, non più irretita dalle definizioni convenzionali. Tutti i drammi della vita vengono proprio da queste tarature. È bene abituarsi fin dall’infanzia ad accertare la natura essenziale delle cose”.
È tempo che la scienza espanda i propri orizzonti, non più irretita dalle definizioni convenzionali. Tutti i drammi della vita vengono proprio da queste tarature. È bene abituarsi fin dall’infanzia ad accertare la natura essenziale delle cose”.
Roerich,Aum,
1936
In riti antichi come la
notte dei tempi si era soliti tenere una brocca d'acqua di fianco al
luogo dove si dormiva, per caricarla magneticamente, con la propria
energia psichica, durante il sonno.
“Fammi bere l’acqua
di vita che sta accanto al tuo capo” - si legge in un antico
manoscritto.
Gli interpreti più recenti lo leggono in chiave simbolica: l’acqua vivente sta per l’oceano della saggezza; la testa per il culmine della conoscenza. Ma quella frase aveva invece un valore terapeutico: il discepolo chiede al Maestro di bere l’acqua magnetizzata per essere stata accanto al suo giaciglio. Molti detti si riferiscono a questa proprietà dell’acqua, e immagini antiche rappresentano figure che bevono da un vaso o da una fonte sacra.
Da lungo tempo si sa che esistono due modi per magnetizzare l’acqua: con l’imposizione delle mani e, più naturalmente, tenendola accanto al letto. La prima era preferita per certi malanni, ma la seconda era considerata migliore per tonificare in genere le forze. La si usava o bevendola o spruzzandola su qualcuno.
Si narra che una regina di Palmira pretendeva dai suoi aiutanti di dormire accanto al bacino preparato per il suo bagno. Simile è il racconto biblico di re Davide, a dimostrare il valore attribuito alle sane radiazioni umane. Nella vita sociale queste emanazioni dovranno essere armonizzate con grande attenzione. L’energia psichica suggerirà la scelta dei collaboratori”.
Gli interpreti più recenti lo leggono in chiave simbolica: l’acqua vivente sta per l’oceano della saggezza; la testa per il culmine della conoscenza. Ma quella frase aveva invece un valore terapeutico: il discepolo chiede al Maestro di bere l’acqua magnetizzata per essere stata accanto al suo giaciglio. Molti detti si riferiscono a questa proprietà dell’acqua, e immagini antiche rappresentano figure che bevono da un vaso o da una fonte sacra.
Da lungo tempo si sa che esistono due modi per magnetizzare l’acqua: con l’imposizione delle mani e, più naturalmente, tenendola accanto al letto. La prima era preferita per certi malanni, ma la seconda era considerata migliore per tonificare in genere le forze. La si usava o bevendola o spruzzandola su qualcuno.
Si narra che una regina di Palmira pretendeva dai suoi aiutanti di dormire accanto al bacino preparato per il suo bagno. Simile è il racconto biblico di re Davide, a dimostrare il valore attribuito alle sane radiazioni umane. Nella vita sociale queste emanazioni dovranno essere armonizzate con grande attenzione. L’energia psichica suggerirà la scelta dei collaboratori”.
Roerich,Aum,1936
Appoggiare la testa
durante il sonno su un guanciale che ha assorbito la parola felicità
è allo stesso modo terapeutico e benaugurante.
Ricorda un po' l'usanza
odierna così di moda in certi ambienti “new age”dove la casa si
tappezza di postik con frasi che dovrebbero darti la carica e
ricordarti di pensare positivo, non cedere a pensieri di paura,
etcetc.
Un altro interessante
elemento che dona a questi manufatti un tocco speciale, e sottolineo
la parola manufatti umani, è che si sono caricati con energie
bellissime di lavoro paziente e sereno. La mano irradia e lascia
segni incancellabili su ogni oggetto che tocca o crea. Così come
ogni pagina scritta viene caricata dalla particolare energia dello
scrivente, fornendoci su di lui preziose indicazioni.
Un lino del genere è
fatto con molta pazienza, è carico di energia femminile,
accogliente, materna, protettiva. Non va dimenticato inoltre che è
stato fatto con particolare amore e attenzione perchè era fatto per
l' uso personale, per la cerchia ristretta della propria famiglia ed
era destinato a durare nel tempo, non era merce di mediocre qualità
atta solo a generare profitto.
Immaginatevi invece
indossare un maglione fatto in finta lana prodotto in Cina o in
Cambogia o qualsiasi altro paese dove le mani dell'operaio, così
come i suoi pensieri, emanano la miseria del suo stato di schavitù,
pagato una miseria, ma una miseria vera, costretto a turni
allucinanti di 16 ore consecutive e magari accucciato di notte dentro
la stessa fabbrica.
Che vibrazioni positive
potrà mai emettere un simile artigiano alla sua opera?
Odio, risentimento, paura,
frustrazione e angoscia.
Indossare un vestito del
genere significa caricarsi di un fardello orrendo e puzzolente.
http://www.caffeinamagazine.it/economia/3604-cosa-si-nasconde-dietro-i-vestiti-di-h-m-la-blogger-17enne-svela-il-segreto
Una nostra nonna, seduta
per ore e ore sulla stessa sedia, dedita alla sua opera con un ritmo
sano e una pace nel lavoro impensabile per un manufatto odierno,
genererà un prodotto in tutti i sensi migliore.
L'utilizzo sopra descritto
di simboli e parole cariche di significato positivo, pratica
tramandata quasi invariata da millenni, è sfruttata con fini molto
più biechi dai nemici dell'uomo, in quei sordidi bordelli delle
maison di moda dove si stabiliscono a tavolino le prossime tendenze
globali. I viscidi esseri che, nonostante la giacca e la cravatta, si
destreggiano molto bene nei reami del simbolico e dell'esoterismo più
becero, hanno disseminato il mondo intero di simboli e scritte di
morte, che ritroviamo persino nei prodotti della più tenera
infanzia: gioielli, cuffie, magliette, felpe, astucci e zaini; tutti
inzozzati da scritte immonde e simboli di morte come teschi e
pistole( queste ultime rivolte verso il basso, ovvero agli organi
sessuali...w la fertilità!!)
E queste due parole,
teschi e pistole, tanto fan pensare ai telefilm che ci scorrono
davanti, sempre ad ora di cena, giusto per avvelenare il nostro cibo
e il nostro corpo in modo più diretto, che con la scusa di chiamarsi
polizieschi ci propinano cadaveri,autopsie,arti mozzati e
svisceramenti vari, il puro trionfo della morte e della caduca
materia.
Se sui nostri vestiti
invece che teschi, pistole e frasi raccapriccianti comparissero
cristalli di neve o le bellissime geometrie di un crop circle!! Diventiamo portatori di bellezza,
anche nelle cose più minute!
Ho poi trovato un utilizzo
alternativo per il copri federa...che ne pensate??
sabato 11 ottobre 2014
n.1
Cabalisti
e giocolieri
si
cimentano sulla scena del mondo
calpestando
come formiche
i
passi della povera gente.
Anfratti
di bile s'irrigidiscono
e
si fanno crisalidi di ulcere e tempeste.
Castone
perfetto per il mignolo di sadici e potenti.
venerdì 10 ottobre 2014
Parco del Morbasco, Cremona. Osservazioni entomologiche e non solo.
Alle porte di Cremona, Tra l'acciaieria Arvedi e Cavatigozzi, vi è un angolo di natura quasi incontaminata (almeno per i nostri standard): salici centenari, pioppi maestosi e pregevoli ontani svettano su un terreno paludoso estremamente morbido, spesso torboso. Di difficile percorribilità dall'uomo, dato che in certi tratti si affonda fino alle ginocchia, è riuscito a mantenersi, proprio per la sua natura paludosa, quasi intatto fino ai giorni nostri.
E' una striscia larga pochissime decine di metri ma che in lunghezza raggiunge il chilometro, protetta sul lato Nord da una notevole scarpata alta anche 5/6 metri che rappresenta un antico terrazzamento fluviale del Po. A Sud invece l'area è delimitata dal Morbasco, corso d'acqua naturale e in certi punti ancora meandriforme, nonostante sia stato rettificato e canalizzato sin dal Medioevo, la cui sorgente originaria non è mai stata individuata con precisione ( per approfondire l'argomento si veda in fondo la bibliografia).
Sceso dall'auto e attraversato il Morbasco sopra un enorme tronco crollato, mi ritrovo davanti quello che possiamo definire un vero e proprio fiore all'occhiello naturalistico del cremonese: una sgargiante stazione di Caltha palustris, fiore rarissimo per la pianura, più tipico delle torbiere montane, si incontra infatti facilmente sull'Appennino piacentino o nella fascia prealpina.
Questa stazione dell'area Arvedi, risulta, tra l'altro, essere la principale e la più rigogliosa di tutta la provincia di Cremona (com. pers. Bonali).
Metà Marzo non è certo l'ottimale per un'escursione naturalistica: oltre la Caltha vi è ben poco da osservare, almeno nel mondo vegetale. Si poteva notare però un certo brulichio di vita "minore" sulle foglie e gli steli della Caltha. Si tratta di certi insettini, sui 7 mm, con delle gradevoli bande colorate di nero e arancio, che, fotografati e inseriti su un apposito sito di specialisti, sono stati determinati come Prasocuris phellandrii (Linnaeus, 1758). Qui è d'obbligo un ringraziamento a Lech Borowiec e a tutto il forum http://www.entomologiitaliani.net per la determinazione.
L'unica descrizione della specie trovata online è inserita in un censimento entomologico di un'area umida della Toscana:
Ricerche sulla Coleotterofauna delle zone umide della Toscana.
VI. Piana di Guasticce - Livorno
(Coleoptera)
di : Arnaldo Bordoni, Saverio Rocchi e Silvio Cuoco, scaricabile a questo indirizzo: http://storianaturale.comune.fe.it/modules/core/lib/d.php?c=iOVY4
Dove il phellandrii è così descritto:
Prasocuris phellandrii (Linné, 1758)
Specie fortemente igrofila, strettamente legata agli ambienti palustri, ove vive
su alcune Ombrellifere ma anche sulla Ranuncolacea Caltha palustris, come riportato
da MÜLLER (1953). La si può raccogliere sia falciando la vegetazione idrofitica che
muovendo bruscamente le piante sulle quali vive e ripescando poi gli esemplari caduti
nell’acqua. In Toscana non è rarissima, ma molto localizzata; già segnalata per
Ricerche sulla Coleotterofauna delle zone umide della Toscana. Piana di Guasticce - Livorno (Coleoptera), i Paduli di Fucecchio (BORDONI, 1995) e di Bientina (BORDONI & ROCCHI, 2003). In PAVAN(1992) risulta inserita fra le specie minacciate.
Questo elegante e raro crisomelide risulta quindi elemento di sicuro interesse anche per la nostra provincia, le cui aree umide sono sempre meno e sempre più degradate.
Molto meno abbondante ma ancor più appariscente e gradevole alla vista, è quest'altro crisomelide, intorno al cm di lunghezza, ritrovato sempre sulle foglie di Caltha o di Carex.
Si tratta di Plateumaris sp., genere anch'esso legato a zone umide e presente con poche specie in Italia; la più probabile in questo caso è sericea, ma devo ancora approfondire la questione allo stereomicroscopio.( Grazie a Julodis del forum FEI per l'id.)
Raggiungendo invece la zona meno paludosa, insieme ai recenti tentativi di rimboschimento con essenze arbustive, si trovano imponenti esemplari di salici cariati: l'opera di manutenzione inerente le parti morte o crollate degli alberi ha messo in luce dei fori assai larghi e tipici di certi insetti xilofagi (mangiatori di legno) della famiglia dei Cerambicidi (insetti che possiedono spesso delle lunghe antenne).Le specie più grandi di questa famiglia esigono alberi di dimensioni notevoli, con una certa circonferenza ed età, affinchè le larve possano concludere il loro complicato ciclo vitale, che può durare anche diversi anni.
Quelli sotto fotografati non sono altro che i segni del passaggio (e delle scorpacciate) di tali larve.
Mostrando le foto agli esperti (grazie a Maurizio Pavesi per l'id) e tenendo conto dell'essenza arborea (salice) è probabile che appartengano alla specie Aegosoma scabricorne, ancora relativamente comune nella nostra provincia perchè uno dei cerambicidi di grandi dimensione meno esigenti in termini ecologici e ambientali.
Ovviamente non è possibile avere una certezza assoluta sull'inquilino senza poter osservare le larve, sicuramente ancora presenti nel legno vivo, o senza poter assistere al magico momento della fuoriuscita dell'esemplare adulto, che apparirebbe così:
E' importantissimo lasciare sul posto la legna tagliata così come gli
alberi morti o morenti proprio per offrire materia prima ad una miriade
di insetti e ad altri rappresentanti della fauna minore che in essi
trovano rifugio e nutrimento. Il rischio di estinzione o la scomparsa a
livello locale di certe specie di insetti xilofagi è proprio legata alla
mancanza di alberi di grandi dimensioni ed alla raccolta di legname a
discapito di piante morte o morenti.
La grande quantità di rami e detriti vegetali mi ha spinto ad alzare alcune cortecce alla ricerca di animali che lì sono soliti rifugiarsi.
Concludo questa escursione virtuale con una serie di scatti panoramici.
Mancano purtroppo le foto ai micro ambienti più interessanti: le risorgive, sgorganti dalla base dell'antica scarpata, creano dei minuscoli ruscelli, le cui sponde, prima che le loro acque sfocino nel Morbasco, ospitano bellissimi ontani, sparute felci e morbidi cuscini di muschio. Il tutto ci lascia la suggestione di star percorrendo boschi antichi e relitti lasciandoci intravedere come dovevano essere le enormi foreste igrofile che ricoprivano un tempo parte della Pianura Padana.
Alla prossima occasione non mancherò di ritrarre queste ulteriori particolarità del paesaggio cremonese.
E' una striscia larga pochissime decine di metri ma che in lunghezza raggiunge il chilometro, protetta sul lato Nord da una notevole scarpata alta anche 5/6 metri che rappresenta un antico terrazzamento fluviale del Po. A Sud invece l'area è delimitata dal Morbasco, corso d'acqua naturale e in certi punti ancora meandriforme, nonostante sia stato rettificato e canalizzato sin dal Medioevo, la cui sorgente originaria non è mai stata individuata con precisione ( per approfondire l'argomento si veda in fondo la bibliografia).
La curiosità per questa zona, che già conoscevo per fama grazie alle indicazioni degli amici naturalisti cremonesi, raggiunse l'apice quando, percorrendo la strada limitrofa in automobile, il giorno 15 Marzo 2014, notai delle grandi macchie gialle, un pò troppo grandi per essere le fioriture dell'immancabile favagello.
![]() |
Favagello o Ranunculus ficaria, onnipresente nelle nostre campagne sul finir dell'inverno. |
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Caltha palustris circondata da Carex sp. Sullo sfondo platani e robinie dominano la scarpata e la zona più asciutta. |
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Caltha palustris, Parco del Morbasco, Cremona, Marzo 2014 |
Metà Marzo non è certo l'ottimale per un'escursione naturalistica: oltre la Caltha vi è ben poco da osservare, almeno nel mondo vegetale. Si poteva notare però un certo brulichio di vita "minore" sulle foglie e gli steli della Caltha. Si tratta di certi insettini, sui 7 mm, con delle gradevoli bande colorate di nero e arancio, che, fotografati e inseriti su un apposito sito di specialisti, sono stati determinati come Prasocuris phellandrii (Linnaeus, 1758). Qui è d'obbligo un ringraziamento a Lech Borowiec e a tutto il forum http://www.entomologiitaliani.net per la determinazione.
L'unica descrizione della specie trovata online è inserita in un censimento entomologico di un'area umida della Toscana:
Ricerche sulla Coleotterofauna delle zone umide della Toscana.
VI. Piana di Guasticce - Livorno
(Coleoptera)
di : Arnaldo Bordoni, Saverio Rocchi e Silvio Cuoco, scaricabile a questo indirizzo: http://storianaturale.comune.fe.it/modules/core/lib/d.php?c=iOVY4
Dove il phellandrii è così descritto:
Prasocuris phellandrii (Linné, 1758)
Specie fortemente igrofila, strettamente legata agli ambienti palustri, ove vive
su alcune Ombrellifere ma anche sulla Ranuncolacea Caltha palustris, come riportato
da MÜLLER (1953). La si può raccogliere sia falciando la vegetazione idrofitica che
muovendo bruscamente le piante sulle quali vive e ripescando poi gli esemplari caduti
nell’acqua. In Toscana non è rarissima, ma molto localizzata; già segnalata per
Ricerche sulla Coleotterofauna delle zone umide della Toscana. Piana di Guasticce - Livorno (Coleoptera), i Paduli di Fucecchio (BORDONI, 1995) e di Bientina (BORDONI & ROCCHI, 2003). In PAVAN(1992) risulta inserita fra le specie minacciate.
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Prasocuris phellandrii (Linnaeus, 1758) Cremona, Marzo 2014. |
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Prasocuris phellandrii (Linnaeus, 1758) Cremona, Marzo 2014. |
esemplare di Prasocuris phellandrii (Linnaeus, 1758) predato da un ragno. Cremona, Marzo 2014. |
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Prasocuris phellandrii (Linnaeus, 1758), allo stereomicroscopio. Cremona, Marzo 2014. |
Questo elegante e raro crisomelide risulta quindi elemento di sicuro interesse anche per la nostra provincia, le cui aree umide sono sempre meno e sempre più degradate.
Molto meno abbondante ma ancor più appariscente e gradevole alla vista, è quest'altro crisomelide, intorno al cm di lunghezza, ritrovato sempre sulle foglie di Caltha o di Carex.
Si tratta di Plateumaris sp., genere anch'esso legato a zone umide e presente con poche specie in Italia; la più probabile in questo caso è sericea, ma devo ancora approfondire la questione allo stereomicroscopio.( Grazie a Julodis del forum FEI per l'id.)
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Plateumaris sp. Parco Morbasco, Cremona, Marzo 2014 |
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Plateumaris sp. Parco Morbasco, Cremona, Marzo 2014 |
Cariceto, Parco Morbasco, Cremona, Marzo 2014 |
Raggiungendo invece la zona meno paludosa, insieme ai recenti tentativi di rimboschimento con essenze arbustive, si trovano imponenti esemplari di salici cariati: l'opera di manutenzione inerente le parti morte o crollate degli alberi ha messo in luce dei fori assai larghi e tipici di certi insetti xilofagi (mangiatori di legno) della famiglia dei Cerambicidi (insetti che possiedono spesso delle lunghe antenne).Le specie più grandi di questa famiglia esigono alberi di dimensioni notevoli, con una certa circonferenza ed età, affinchè le larve possano concludere il loro complicato ciclo vitale, che può durare anche diversi anni.
Quelli sotto fotografati non sono altro che i segni del passaggio (e delle scorpacciate) di tali larve.
Mostrando le foto agli esperti (grazie a Maurizio Pavesi per l'id) e tenendo conto dell'essenza arborea (salice) è probabile che appartengano alla specie Aegosoma scabricorne, ancora relativamente comune nella nostra provincia perchè uno dei cerambicidi di grandi dimensione meno esigenti in termini ecologici e ambientali.
Ovviamente non è possibile avere una certezza assoluta sull'inquilino senza poter osservare le larve, sicuramente ancora presenti nel legno vivo, o senza poter assistere al magico momento della fuoriuscita dell'esemplare adulto, che apparirebbe così:
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Aegosoma scabricorne, San Bassano CR, Luglio 2013, 50 mm antenne escluse. |
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Aegosoma scabricorne, San Bassano CR, Luglio 2013, 50 mm antenne escluse. |
Segni di gallerie lasciati da un cerambicide xilofago su salice, probabilmente Aegosoma scabricorne |
Segni di gallerie lasciati da un cerambicide xilofago su salice, probabilmente Aegosoma scabricorne |
catasta di legna correttamente lasciata sul posto presso il Parco del Morbasco,Cremona . |
La grande quantità di rami e detriti vegetali mi ha spinto ad alzare alcune cortecce alla ricerca di animali che lì sono soliti rifugiarsi.
Sotto una corteccia appare una chicciola: Discus rotondatus e due limacce o Limax (la specie è Marradi o Dacampi) |
Sotto quest'altra corteccia spunta un grosso elateride che sta svernando in attesa della piena Primavera. Si chiama Lacon punctatus (grazie ad Anostirus del forum FEI) |
Lo stesso insetto della foto precedente ripreso dal ventre, la postura ricorda vagamento quella di una mummia o di un sarcofago egizio. |
Anche i grandi funghi legnosi presentano una fauna specializzata, si noti qust'assembramento e i fori scavati da questi insetti. |
Concludo questa escursione virtuale con una serie di scatti panoramici.
Mancano purtroppo le foto ai micro ambienti più interessanti: le risorgive, sgorganti dalla base dell'antica scarpata, creano dei minuscoli ruscelli, le cui sponde, prima che le loro acque sfocino nel Morbasco, ospitano bellissimi ontani, sparute felci e morbidi cuscini di muschio. Il tutto ci lascia la suggestione di star percorrendo boschi antichi e relitti lasciandoci intravedere come dovevano essere le enormi foreste igrofile che ricoprivano un tempo parte della Pianura Padana.
Alla prossima occasione non mancherò di ritrarre queste ulteriori particolarità del paesaggio cremonese.
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