Una tiepida Domenica mattina di fine
Maggio, 9.00 A.C.
Subburbi di Cremona, Subbaqqui del Po, su Rieducational Channel!
" Tesoro, vado a vedere sul
piacentino se hanno pronte un pò di ciliege, lì al posto dell'anno
scorso. Poi passo in edicola per il giornale, ti serve qualcosa ?"
Mi guarda con occhi sgranati: "Ma,
caro, sei sicuro? Te la senti? Va bene, va bene, se ne hai proprio
voglia, guarda, prendimi Donnola Moderna, c'è un bell'inserto su
come cacciare quei gran polli degli uomini che fanno i galletti,
cuocerseli a s-puntino per poi spolparli fino all'osso!"
"D'accordo, certo che ne ho
voglia, appena finisco la spesa, vado in quella nuova edicola che
rimane aperta anche di Domenica mattina, lì in via Fegatini."
Mi stò già dirigendo verso la porta,
contento di poter assaporare di li a poco le primizie emiliane,
quando sento un gran taccheggiare di tacchi sul pavimento, come se mi
avessero sguinzagliato nel corridoio Bucefalo in persona ( in
cavallo) a ballarmi il tip e tap; in realtà è solo mia moglie che
corre verso di me tenendo un piccolo oggetto in mano che
evidentemente vuole consegnarmi, quasi mi fossi dimenticato qualcosa
di tremenda importanza.
"Aspetta! Attima un aspetto! Ti
devo dare questo." Si avvicina con movimenti aggraziati e
sguardo serio, come se il momento fosse solenne, per infilarmi al
collo una medaglietta devozionale di S. Itario.( Meno male, per un
attimo avevo pensato che stesse per mettermi il cappio al collo, come
aveva imparato sul numero precedente di Donnola Moderna).
Non avevo mai visto in mia moglie un
tale afflato religioso, la scruto incuriosito e poi, inarcando il
sopracciglio, abbasso lo sguardo su quello strano oggetto: rigiro
tra le mani la medaglietta che pensavo metallica, invece la scopro
essere di ceramica bianca smaltata, scorgo anche una minuscola
firma: Ideal Standard.
"Ma che ti salta in mente tesoro?"
"Sù sù, poche ciance, non
iniziare a lamentarti come al solito, ti tornerà utile, vedrai!Vai
adesso!"
E mi sospinge delicatamente fuori dalla
porta.
"Màh! Valle a capire a monte ste
donne!" Borbotto appena fuori dal suo raggio uditivo.
Accontono per il momento la questione
san itaria e mi dirigo alla macchina.
Dopo averla messa in moto ed aver
percorso poche centinaia di metri, ancora immerso nelle arterie
cittadine, mi sopravviene un pensiero, anzi un ricordo fulmineo,
angosciante, icomincio a sudare freddo e mi dò una manata sulla
fronte esclamando a voce alta: " Ossignur! Ecco perchè mi ha
chiesto se davvero ne avessi voglia, ecco perchè mi ha messo
addosso questa stupida medaglietta per proteggermi dalle sventure!
Me ne ero completamente dimenticato! E' dall'anno scorso che non
andavo più sul piacentino a prendere la frutta! E chi ci pensava più
?!"
Dovete sapere, infatti, che muoversi di
Domenica mattina, in auto, nella bassa, a ridosso dello spartiacque
acquatico che separa Emilia e Lombardia e nello specifico Cremona e
Piacenza, può diventare molto pericoloso. Un' impresa per veri
temerari, come avrei riscoperto di lì a poco.
Scatta poi l'allarme rosso se vi dovete
muovere fuori città, tra i villagi e le capanne sperdute nella
Campagna Nera, dove persino il navigaotore se la fa addosso e si
mette a piagnucolare:" Voglio la mamma!"
Come avviene con il birdwatching
durante le stagioni di passo, quando compaiono sopra le nostre teste
uccelli esotici e particolari che normalmente non incontreremmo mai,
allo stesso modo accade per quelle contrade sperdute che dalla sponda
destra del Po conducono fino alle prime colline dell'Appennino:
diventano uno scenario unico e insostituibile per osservare
autentiche rarità antropologiche e automobilistiche.
All'improvviso spuntano fuori dal nulla
dei personaggi mitici e al contempo inquietanti, che paiono usciti da
un miscuglio non ben definito tra i racconti dei Fratelli Cervi e
quelli di Lovecrafat: orde di villici ottuagenari, o se preferite
vintage, che fa più polli-tically correct, tutti assai ruspanti e
nostrani, come attestano le etichette D.O.P.P ( Daltonico
Ottuagenario Purtroppo Patentato) sulle loro braghe, rigorosamente
in velluto a coste larghe o in flanella anche il 15 di Agosto e DOCG
(Desta Odio Collettivo se Guida) sui lunotti delle loro paleovetture.
Il Ministero dell'Ambiente e delle
minoranze etniche gli ha assicurato lo status di preziosi endemismi
locali in via di estinzione e per questo sono stati inseriti nel red
list delle specie a rischio. Ciò ha permesso di ottenere i fondi
europei per una futura riserva dove recintare questi over 65 di
discendenza celto-etrusca, in modo tale che possano tranquillamente
pascolare per circuiti stradali appositamente adibiti, con le loro
improbabili vetture, quali Ritmo, Ascona, fino alle 127 e le
Topolino, senza importunare noi giovani e baldanzosi piccoli
Schumacher.
Senz'altro questi vecchiolini sono
destinati a rimanere per sempre un mistero insoluto per l'immaginario
collettivo del cittadino medio: nei giorni feriali e nelle vie
centrali non li incontri quasi mai, eppure la Domenica, al sorgere
del sole, sbucano fuori, forse dai cimiteri e dagli sfascacarrozze e
te li rirovi sempre davanti, mai dietro: la peggior sventura in cui
qualsiasi automobilista normodotato possa incappare.
Persino gli scienziati non hanno
ancora ben capito dove si nascondano durante il loro letargo infra
settimanale, si suppone che vivano rinchiusi in tane nelle aree più
fitte e ancora inesplorate delle boscaglie a pioppeto lungo l'area
golenale o nelle impervie regioni delle foreste ecatombali di mais.
Sembrano saltar fuori dal nulla, in
massa e all'improvviso, senza una logica apparente, come certi
insetti che allo scoccare dell'ora x si radunano in sciami
vastissimi, solitamente a scopo riproduttivo, il che non parrebbe
essere proprio il nostro caso come l'anagrafe ci suggerisce.
La teoria di alcuni etologi è che
vengono allo scoperto con la stagione delle piogge, ma è stato
obiettato, a questa affascinante ipotesi, che essendo( almeno
apparentemente) mammiferi e non anfibi ciò non avrebbe alcuna
utilità pratica.
Eppure, e gliene va dato atto ai
promotori di quest'ultima teoria, è un fatto incontestabile che se
in quella tal sciagurata Domenica, in quel maledetto Triangolo della
Verdura che va da Cremona a Busseto sino a Caorso, si mette anche a
piovere, potete star pur certi che sulle strade secondarie ne
incontrerete a frotte di questi curiosi esseri, ancora di più che
con il bel tempo.
L'ipotesi attualmente più accreditata,
formulata dal celeberrimo antropologo Lewis, è che in realtà sono
richiamati da qualche sorta di misterioso, almeno per noi, culto
rituale che li porta dalle loro tane e capanne coloniche verso
decadenti centri commerciali di scambio e baratto (le chiese) e verso
centri religiosi dove si compiono i più macabri rituali e si
perpetuano le più raccapriccianti superstizioni ( i centri
commerciali). Queste sono per loro preziose occasioni per
intrattenere rapporti sociali con parenti e amici nonchè per
intrecciare nuove allenaze con esponenti di altre tribù.
Come vi accennavo prima, per noi esseri
civilizzati, il momento di contatto con questi popoli che non hanno
ancora incontrato l'omino bianco (per lavare i panni usano ancorala
cenere e sabbia) avviene solitamente sulle stradine provinciali o
comunali, mentre si è intenti a dirigere il proprio mezzo di
locomozione.
C'è un metodo infallibile per
accorgersi se alla guida davanti a voi c'è uno di questi ominidi che
tanto infiammano il dibattito scientifico oltre che la mitologia e le
ansie di tutti gli automobilisti moderni: il cappello.
Se sulla testa del guidatore che vi sta
davanti noterete un qualsivoglia copricapo, che può essere delle più
svariate fogge e dimensioni, indice del grado di capofamiglia
all'interno della sua tribù, state pur sicuri che per voi
incominceranno i guai. La vostra comprovata esperienza di guida vi
accenderà nella testa una lampadina intermittente, tipo le quattro
frecce, che urlerà: "Pericolo ambulante ore 12, nonnetto con
cappello alla guida, superare ora o tacere per sempre!"
E' qui doveroso un piccolo inciso per
ricordare l'encomiabile sforzo del prof. Lino Borsa che si dedicò
per tanti anni allo studio e alla raccolta di quegli affascinanti
copricapi indigeni, ora esposti a Cremona nel museo civico a lui
dedicato. Lì, potrete ammirarne di tutti i colori e le forme: da
quelli sgargianti con piume di fagiano e perline fluviali, utilizzati
soltanto nelle grandi occasioni sino a quelli più ordinari, fatti
con pellame di nutria e mini lepre. In base ai colori e a come sono
inclinati e girati sulla testa dell'anziano, vi indicheranno: lo
status sociale, quante mogli ha avuto, il numero di figli e nipoti,
quanti incidenti ha provocato e quante volte gli è stata ritirata la
patente : in questo modo chi sarà alle sue spalle si potrà regolare
di conseguenza.
Ovviamente il guidatore è sempre di
sesso maschile, l'eventuale consorte di fianco a lui solitamente è
intenta, durante il tragitto, a cucire straordinari tessuti etnici
con un materiale pregiatissimo e ricercatissimo, la seta, il cui
segreto viene tramandato di generazione in generazione, ed è
costudito con estrema efficacia e attenzione. Si vocifera di un luogo
sacro chiamato Selva Gelsea, inviolabile ed inaccessibile per
qualunque non appartenente alla comunità indigena, che protegge nei
suoi intrichi più impenetrabil il millenario segreto dei temutissimi
bacarozzi da seta, che nessuno è mai riuscito a vedere dal vivo ma
sui quali sono nate innumeroveli supposizioni e dicerie, le così
dette leggende metropolitane.
Sui sedili posteriori, invece,
s'intravvedono spesso delle scene inquietanti, dove non si capisce
bene chi ci sia seduto, se dei nipotini iperattivi e agitatissimi o
delle scimmie urlatrici del Chiapas che saltellano e si arrampicano
tra i sedili ed il tettuccio, occupando qualsiasi centimetro quadrato
disponibile, con arti e teste che non stan ferme manco con le
cinture di forza legate.
Anzi con quelle ditina vivaci e sempre
in movimento toccano tutti gli angoli nascosti ed i pertugi più
inaccessibili, i classi interstizi dove finiscono sempre monete e
chiavi cadute dalle tasche, scoprendo a volte vere e proprie oasi
inesplorate persino per gli operai che hanno costruito quelle
autovetture, come dimostrano le mappe dei libretti di manutenzione
che così recitano: "Hic sunt bulleones", proprio per
ammettere di ignorare cosa ci sia in quelle vallate strettissime mai
raggiunte dalle dita tozze e grossolane degli adulti.
Un giorno particolarmente caldo, lo
ricoldo come se fosse ieri, la famigliola di aborigeni davanti a me
aveva tutti i finestrini abbassati e i nipotini di turno, novelli
sommozzatori in apnea nei recessi più bui e profondi di quella 650,
riemersero a galla come dei delfini, urlando, sia per l'eccitazione
sia per farsi sentire dai nonni sordi: "Nonno, nonno, guarda! Ho
trovato una moneta da 500 euro!"
E subito con fare compiaciuto
rispondeva il nonno:"Ahh che bravo il mio monello, ma no,
saranno 500 lire, quelle che usavo per i carrelli della spesa! Sono
belle vero? Con il sole dorato dentro e il cerchio argentato fuori.
Puoi tenerle se vuoi!"
A questo punto il bimbetto, vispo e
bello sveglio, rispondeva:"Ma no nonno! Queste sembrano solo
d'argento, non ne hanno di oro. Da un lato ci sta una signora che
tiene i capelli in una zanzariera e sull'altro lato ci sono dei
motoscafi con le lenzuola stese!"
Allora capii subito che erano le famose
500 lire d'argento con le caravelle di colombo, andate fuori corso da
almeno cinquant'anni...
Allibito da quellòa scoperta, il nonno
rispondeva: "Mahh signur, ma signur! Quan' temp! Quelle devo
averle perse quando venivo in auto con la nonna per fare
birdwatching, sapeste che cicogne che si vedevano per la campagna,
nei campi di cavolo..!!"
Quando dietro non ci sono i nipotini,
magari perchè appena sacrificati a qualche divinità per scacciare
la siccità, si possono trovare in ordine sparso: cani, gatti,
galline svolazzanti, quarti di bue, quartini di bianco, suocere dal
canino ricurvo, prigioneri di guerra arrotolati come mortadelle e
damigiane di non si sa bene cosa che usano nei loro rituali pagani.
Quando girano, per mettere la freccia,
abbassano il finestrino e con il loro arco da caccia in sambuco
scagliano le loro frecce avvellenate, con veleno per topi, nella
direzione corrispondente.
Ecco perchè a bordo strada trovate
così tante nutrie morte, questi pazzerelli fanno a gara tra d loro a
chi ne ammazza di più. Forse è per questo che allungano
all'inverosimile i loro tragitti, girando a ogni bivio possibile! I
più evoluti utilizzano doppiette e spingarde, a sale grosso o a
zucchero di canna. Vi siete mai domandati perchè sulle strade
meno frequentate si trovano sempre i cartelli stradali impallinati?
Ecco risolto un altro mistero.
I più poveri, quelli che non
appartengono alla casta dei guerrieri/cacciatori, fanno sporgere dal
finestrino la testa del cane o della gallina che tengono sul retro. A
Fiorenzuola c'è un centro d'addestramento apposito, convenzionato
con la motorizzazione incivile e il vetrerinario Dott.Glass Dolittle.
Questi nonni d'altri tempi saranno pure
velocissimi con fucili e frecce, avranno anche riflessi fulminei
quando si tratta di briscole e di scope, ma con i mezzi meccanici
sono dei veri e propri bradipi cispadani.
Tra l'altro i loro carri da parata sono
talmente datati e d'epoca antidiluviana che ad un occhio inesperto,
con tutte quelle curve e quelle cromature, paiono mezzi avveniristici
provenienti dal futuro. Guardandoli correre ( si fa per dire)
davanti ai vostri occhi, vi sentirete catapultati in un racconto di
Urania, infatti quelle automobili risalgono proprio all'epoca in cui
la serie Urania veniva data alle stampe!Ahh l'epoca d'oro della
fantascienza...bei tempi, bei tempi quelli!
Quelle scatole di latta a quattro ruote
son talmente lustre e lucide che sembrano fatte con il mitrhil di
tolkeniana memoria oppure con qualche preziosissimo metallo
extraplanetario...L'unico sospetto che provengano dal passato anzichè
dal futuro, come d'altro canto i piedini santi che stanno spingendo
sul loro deceleratore, vi giungerà misurando la loro velocità
media, che non supera mai i 40-45 km/settimana.
Loro non hanno acceleratore, freno e
frizione, no, hanno deceleratore, freno e piss stop.
Queste simpatiche reliquie dell'era
proto industriale le si trova, tra l'altro, sempre intervallate,
giusto per non farci mancare niente, da trattori asfittici dei tempi
di Pellizza da Volpedo, ma ancora più lenti e obsoleti , autentici
fossili viventi del Cretacico o del Giurasseo.
Risultato: con i continui autovelox e i
limiti a 50 kmh di paesi, paesini e frazioni è impresa impossibile
superarli tutti a nastro. Tanto vale mettersi il cuore in pace,
adeguarsi al loro ritmo da marcia funebre e approffittarne per
rinverdire gli studi antropologici, sociologici e folkloristici con
dettagliate osservazioni e analisi scientifico-naturalistiche, tutte
rigorosamente di spalle.
Non a caso tengo sempre nel cruscotto
il mio taccuino per gli appunti. Dagli studi e dai dati in mio
possesso, che ho accumulato in anni e anni ed in chilometri e
chilometri, sono giunto alla conclusione, non poi così distante da
quella di Lewis, che si radunino in massa nei solstizi e negli
equinozi per partecipare a dei summit celtico-druidici in qualche
prato tra S. Pietro in Cerro e San Nazzaro, dove si dilettano a
sventrare galline e maiali per aruspicarne le viscere o a imitare il
Sommo Sacerdote Ennio Doris nei campi di grano, poesia di un amore
lontano(scusate, un'interferenza radio), creando degli elaboratissimi
cerchi nel grano.
L'unica cosa che devo ancora capire
bene, è se la messa domenicale il Vaticano abbia deciso di tenerla
proprio la Domenica giusto per riportare in cielo, con la funivia di
rosari e pater noster, tutte le madonne e i santi tirati giù dalle
imprecazioni degli automobilisti più moderni, che si arrischiano a
girare durante il coprifuoco festivo.Oppure il vero motivo è perchè
magari davvero desiderano evitare di imbottigliare completamente il
traffico extraurbano? Pensate se la messa solenne ci fosse di
Martedi! Sarebbe un suicidio collettivo di massa! Brava chiesa che
pensi anche a noi automobilisti non praticanti!
Ma non è finita qua, eh no no no,
adesso arriva il bello.
Rimane un'ultima possibilità, la più
remota e la più temuta, quella che ho battezzato Fatality Omega, la
Peste Bigia.
Se, e non sia mai, lo dico per il
vostro bene, si dovesse aggiungere, ai casi già citati, l'evento
eccezionale della sagra di turno, tipo quella dell'aglio
transilvanico di Monticelli d'Ongina o dell'asparago selvatico di
Pieve Otto Ville, è finita. Ve lo dico subito:" Lasciate ogni
speranza...Voi che uscite! Di casa!E poi di senno!"
Lasciate pure l'automobile a ronfare
ancora un pò, non svegliatela neppure e tirate fuori qualunque cosa
ma non la macchina. Pattume a rotelle, biciclette a fusione tiepida,
vespe, api e moscerini, ma non, non la macchina. Poi fate come
volete. Io vi ho avvertiti.
Ma se, nonostante tutti i comunicati
della protezione civile, vi ostinerete a proseguire il vostro
tragitto, sarete testimoni di uno spettacolo eccezionale che rimarrà
scolpito per sempre nella vostra memoria( come si accorgerà a breve
il vostro psicanalista di fiducia) e meriterà di essere raccontato
ai vostri nipotini di fiducia, nel caso non ne abbiate di vostri.
Inizierete dapprima a sentire un lieve
sussulto, poi un vero e proprio tremore del terreno che vi farà
sobbalzare dal posto guida. Dal parabrezza, noterete all'orizzonte
una nuvola di fumo che si tramuterà, via via che si avvicina, in
orde fameliche e in sciami locustacei di esseri invasati e anforati
che arrivano mezzi nudi, a piedi, su quattro zampe, sulle slitte o a
cavallo degli istrici giganti( i famosi fachiri della Val Borla) sin
dalle più inaccessibili colline e montagne dell'appennino
hymalaiano-emiliano. Esattamente come avviene durante il Kumbha Mela,
quel raduno sacro che attira milioni di eremiti e santoni da ogni
remoto angolo dell'India.
In quello sconfinato continente,dopo
anni o decenni spesi nella solitudine e nella natura più selvaggia,
milioni di corpi nudi e incrostati di grippole, oltre che simboli
sacri in ocra e in cenere, formano un fiume vivente che si riversa
verso l'agognato stand gastronomico dei pisarei e fasò.
Il celebre piatto nazionale indiano.
Esattamente la stessa cosa, su scala
leggermente minore, avviene qui da noi.
Troverete davvero di tutto: il
troglodita vestito con pellicce di grillo-talpa che scambia gli
ultimi gamberetti di fiume rimasti in Emilia Romagna con una manciata
delle altrettanto protettissime e pressochè scomparse tartarughe
palustri, ottime per le insalatone, mi dicono.
Oppure quello che si è arricchito
scoprendo nel fitto della jungla planiziale, da qualche parte vicino
a Cortemaggiore, una vena di idrocarburi che era scappata al buon
Mattei: lo vedrete arrivare con taniche e barili che baratterà
esclusivamente con una ugual contropartita di Malvasia e Lambrusco.
Vedrete questi aborigeni paleoemiliani,
che discendono dai colli, oltre che dagli ultimi bigfoot del Parco
Provinciale, adornati con collane d'aglio e zanne di cinghiale, i cui
volti sono ricoperti da bellissime maschere da parata, dalle quali
spuntano corna di capriolo e di moglie.
Quelli d'alto rango li vedrete
indossare autentici elmetti tedeschi che i loro antenati hanno
sottratto ai Magnakartoffen, negli scontri avvenuti durante le
storiche invasioni barbariche del '44.
Poi troverete, sempre più frequenti e
ormai ben inseriti nel tessuto sociale, alcuni appartenenti alle
tribù dell'Est ( Pannonia e Tracia), che di sottobanco ti vendono
filetti di siluro che vanno arrotolati come materassini da palestra
tanto son lunghi oppure qualche germano reale ( non quelli
finti da allevamento) appena impallinato in una fontana ai
giardinetti pubblici di Cremona(che ormai, dalle persone che li
frequentano, dovrebbero essere ribattezzati giardinetti pubici)( Non
ditelo a Grignani!).
Molto interessanti sono sempre i
banchetti di rimedi tradizionali e magia popolare, dove la scimmiona
sciamana di turno, laureata in naturopazzia all'accademia
veteroceltica di Asterix e Obelix, esporrà, oltre alle bambolotte
vodoo gonfiabili, talismani e talispiedi, talispater e talisfilius
incisi in pietre molli; nonchè mille spezie ed erbe medicinali
diverse, a partire dai richiestissimi petali di girazolle, utili
per chi ha problemi di digestione, sino alla più classica evergreen
Maria Giovanna Gelmini, per chi soffre di depressione e non riesce
più a trovare il sorriso sulle labbre.
Poi si passa ad ingredienti più
costosi e pregiati come le ali di pipì-strello, eccellenti per
stimolare la diuresi, o le verruche di sanguisuga cotte a vapore, un
vero toccasana contro l'alitosi o ancora i gambi essicati del raro
fungo Amaminchia falloide, per chi soffre d'inappetenza all'apparato
riproduttivo.
Ai banchetti gastronomici troverete
molte delle specialità tipiche piacentine: come per esempio i
rinomatin caroselli di ramarri allo spiedo, con quelle belle code
lunghe lunghe e croccanti, che vi assicuro, sono una libidine per il
palato. Oppure i tanto decantati tafanazzi in agrodolce, ottimi per
accompagnare secondi piatti di tutti i tipi.
Per dolce vi consiglio di assaggiare la
crostata fritta, da farcire con pinoli e pigne di conifera. Non
esagerate se soffrite di Di-abete, gli aghi di pino potrebbero
andarvi di trave-rso.
Come primi invece dovete assulòutamente
provare i risotti alla curcuma e alla perpetua, due muffe molto
ricercate e piccanti, che crescono soltanto nelle cripte più antiche
delle chiesette della Val Tolla; mentre se avrete la fortuna di
trovare uno stand di cucina etnica indiana, ormai sempre più
numerosi grazie alle miriadi di sikh che lavorano nelle nostre
stalle, vi straconsiglio di degustare i già citati Pisarei e fasò.
Ottimi vero? Adesso avrete capito perchè nel paese di origine
attirano milioni e milioni di fedeli.
Immancabili i bambinetti a piedi scalzi
e le anziane dai baffi fluenti che vi tormenteranno per tutta la
giornata per chiedervi l'elemosina, ma no, cosa avete capito? Non per
loro, ma per comprare i biglietti della lotteria parrocchiale per il
restauro della statua, tin ciliegio massello, di S.Pedretto, i cui
piedi sono stati tutti rosicchiati dalla recente invasione di lapèn,
forse attirati dalla messe di buona frutta e verdura che queste
feconde terre producono.
Vabbè, facciamo questo sforzo, dai.
Tiro fuori, di malavoglia, il portafoglio.
I biglietti costano poco per fortuna,
due euro l'uno, ma capisci subito il perchè non appena leggi i premi
in palio:
1° premio: una moto-frank-zappa-trice
Gandini del '57, non funzionante, da revisionare. Ideale come
decororazione di esterni.
2° premio: una televisione al plasmon
di circa 8-9-10 pollici ( in base a quanto ve li ciucciate e alla
lunghezza delle unghie).Marca Nestlè.
3° premio cena per due persone,
bevande e scuse(doverose), presso Il Rutto & Il Muggito,
ristorante appena aperto in paese da una giovane coppia, lettori
accaniti e fans sfegatati di Faulkner.
La particolarità del locale è che è
locato in una splendida stalla di un cascinale antico, tutta
restaurata..E voi direte:" Evvabbè, sai che novità" Enno,
vi sbagliate, perchè la stalla è tutta restaurata ma le vacche ci
sono ancora e fanno da separè tra un tavolo e un altro, praticamente
ogni tavolo è tra due vacche che scagazzano a rotta di collo, o se
preferite, di sfintere, ma è stata
ingaggiata all'uopo l'intera squadra
della nazionale indiana di kurling, che nella stagione calda
arrotonda come può adattandosi a fare le f(v)eci dei bergamini. Per
cui no problem, all'igiene ci tengono, lontani, ma ci tengono,
eccome!
Data dell'estrazione 29 Ottobre. Ma
come! E' tra un sacco di mesi!
Io mi immaginavo già tutti gli angoli
possibili dove sarebbe potuto finire per quel tempo il mio biglietto.
L'ipotesi più intrigante è la seguente: nell'arco di 15 giorni lo
butto nel cassonetto della differenziata, poi arriva al macero e si
trasforma in carta igienica riciclata, quella economica a mezzo
strato che vendono alla Little( ottima per chi ha problemi di
emorroidi, te le toglie meglio della cartavetro).
Le malelingue del paese insinuano però
che la strategia dell'estrazione così posticipata è tutta
voluta:"Secondo lei è un caso", mi fa la vegliarda di
turno, "che il Gandini sia del '57?" E' da quell'anno che
sto cercando di vincerlo per farmi la barba! C'è sotto qualcosa,
glielo dico io!
Non ce la raccontano mica giusta! Le
estrazioni, che per tradizione le fa sempre il dentista, tutti gli
anni estraggono un numero che nessuno reclama!
Intanto che vi racconto tutte queste
amenità, sono quasi giunto all'agognata meta: lo spaccio di verdura
e frutta genuina, saporita e a km zero.
Ci sarebbe da scrivere un libretto a
parte sul mistero delle pesche e delle ciliege piacentine.
Sulla sponda cremonese del Po non trovi
un mezzo frutteto manco se vai in pellegrinaggio in ginocchio dalla
Coldiretti, a cercarlo nel catasto ceresiano.
Appena superi il ponte del Po invece
sembra di essere arrivati in California.Da noi una nebbiolina
perenne e verdastra che puzza un pò di cavolfiere e un pò di
Tamarroil e Anvedi che santo, da loro un sole sfolgorante, aria
frizzante e profumata come l'inimitabile lambrusco mandorlato di
Magnano.
E poi vedi che sono tutti belli e
abbronzati, forti e vigorosi, mentre noi siamo nella top ten
nazionale dei casi di tumore e ci portiamo dietro un colorino
cac-cadaverico.
Tra i fossi dei campi spunteranno i
cercatori d'oro che appena possono tentano anche di spigolare senza
farsi vedere qualche pannocchia.
Per non parlare di prugne, cocomeri e
arance che rotolano da sole per strada come nel far west rotolavano
quei cespugliacci secchi secchi.
Una delle porime cose che vi salrterà
all'occhio è che là vanno in giro tutti mezzi biutti e in costume
da bagno, in primis i giovanotti che mettono in mostra monocipiti e
addormentali oleati con olio di colza . Sui marciapiedi invece faran
mostra di sè delle sventole bionde con i cocomeri che gli crescono
direttamente addosso, pensate voi la Monsanto fin dove si è spinta.
Una vera Miami vi dico! Un clone di Los
Angeles! E poi arrivano loro, le ambitissime ciliege, pesche e
albicocche del piacentino.
Da noi se ti azzardi a metterne giù
una pianta il giorno dopo la trovi agonizzante che chiede un
trasferimento immediato per andarsene a Villanova sull'Arca,
ovviamente in provincia di Piacenza.
L'erba del vicino in questo caso è
davvero più verde, noi invece li battiamo sul colorito delle facce,
da noi sono moooolto più verdi.
Son scappate tutte di là del Po ste
povere piante, non si capisce cosa ci sia di là che noi non abbiamo,
sarà il terreno, sarà l'acqua, sarà la torta fritta, sarà quel
che sarà, ma è così. Bisogna accettarlo.
Infatti vedi schiere di cremonesi che
passeggiano sul lungo fiume con i binocoli e i cannocchiali puntati
come fucili sull'altra sponda, loro ti dicono di osservare uccelli
acquatici ma in realtà stanno tutti li a fissare e sgolosiare su
quel giardino terrestre che si staglia al di là del Po, un piccolo
Eden di colori, odori e sapori che i cremonesi bramano più della
polenta col cotechino.
Ho provato anch'io, una volta, ad
inforcare un binocolo ed in effetti la vista era mozzafiato:
boschi color smeraldo, pavoni e uccelli
del paradiso che svolazzano tra le fresche frasche, pesche talmente
grosse e succulente che da dove mi trovo riesco a vederle chiaramente
una ad una ed a sentirne il profumo, ah no, scusate, ero sceso di un
grado di troppo e stavo guardando le culatte delle nudiste sulle
spiaggione...
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