Due brevi aneddoti, uno diurno e
l'altro notturno, entrambi scaturiti durante la lettura, che per
protagonisti hanno, in qualche modo, le mani.
Parco del Po, la
sacra cerca della panchina perduta.
Non ce n'è più traccia, eppure sono sicurissimo ci fossero. Vado avanti e indietro per un po', magari me
le sono perse. Poi, notando la sterpaglia stile savana, che mi arriva
alle ascelle, sono costretto ad ammettere che forse qualcosa è
drasticamente cambiato dall'ultima volta che ci avevo messo piede.
Tra l'altro non incontro anima viva, è scomparso tutto, persone e cose.
Verrò poi a scoprire che i tavoli e le
panche non me li ero sognati, c'erano davvero prima che qualche
burlone li incenerisse...
Non demordo, sono venuto qui a leggere
in santa pace e troverò un posto alternativo dove sedermi.
Se almeno il comune si fosse preso la
briga di tagliare quella sin troppo lussureggiante prateria...Rimane
percorribile solo lo stretto sentiero che costeggia la sponda del
fiume.
Gira e rigira, tra liane, coccodrilli
palustri e libellule zebrate o zebre libellulate, come preferite,
l'unico angolino che individuo per poter posare le ormai poco
speranzose terga, è una microscopica spiaggetta, a due passi
dall'acqua del Po(che tra l'altro quest'anno si avvicina ad essere
quella di un vero fiume piuttosto che di una cloaca).
Il recente periodo di piena ha lasciato
un pavimento di limo e fanghiglia, ormai tutta screpolata dalla
cottura del forno solare, salvando proprio nel mezzo un monticello
di sabbia asciutta, pulita e ombreggiata da salici e pioppi
bonsai. Il parcheggio ideale per un lettore pleinair.
Appena tento di sedermi mi accorgo che tutto
non ci sto, sono obbligato a tenere appoggiati i piedi fuori dal
divano lindo e profumato per farli sprofondare in quella gelatina viscida
viscida che tanto avrei voluto evitare.
Dovendo fare buon viso a cattivo gioco
mi autoconvinco che i fanghi sono terapeutici e naturali, li fanno
persino i pachidermi! Ho deciso, puccio i calcagni in quel budino di
mota, per accorgermi che è uno strato ben sottile, subito sotto
sento la più rassicurante solidità della sabbia umida.
Posso finalmente incominciare il libro
appena acquistato.
Sembra che abbia azzeccato la scelta,
la lettura mi prende, tant'è che presto inizio a sottolineare il
testo...Un momento, sottolineare con che cosa? Non ho con me né
matite né penne!
Dopo aver tirato giù dall'attico un
paio di santi patroni ( ma anche loro erano senza matite quindi li ho
lasciati razzolare liberi nel folto della foresta padana) prendo in
considerazione l'utilizzo delll'unghia del pollice a mò di
evidenziatore per sottolineare il testo con un solco acromatico( se
vede eh c' ho fatto er l'iceo), quando all'improvviso mi solletica
un' idea ancora più balzana. ( Forse l'ombra dei bonsai era
sufficiente solo per i miei alluci ed avevo lasciato la testa in
totale balia della canicola...)
Mi accorsi infatti che stavo
giochicchiando con le dita, senz'altro una reminiscenza di età
prescolare: facendo rotolare tra le dita un pezzettino di quel limo appiccicoso avevo creato una pallina argillosa
che scintillava dei minuscoli frammenti di mica contenuti al suo
interno.
La tentazione, irresistibile, era di
utilizzare quel pezzettino di terra
come matita, per lasciare una barra a fianco del testo che mi
interessava.
Fluttuai per un istante tra il pensiero
della pulizia e quello della sporcizia, del sottolineare e dell'imbrattare,
del lecito e del proibito.
Mi sentii tutto d'un tratto un monello
di otto anni, pronto a combinare l'ennesima marachella.
Ma poi riflettei: dopo millenni a
stretto contatto con il suolo e la terra, da cosa scaturiva quel
disturbo e malessere generale che istiga le persone a gridare allo scandalo alla prima
macchiolina di terra sui calzoni o a un'orma fangosa lasciata sul
pavimento ( prospettiva di vita in presenza di qualsiasi donna: 2,15
secondi; quasi al livello della velocità di decadimento delle nuove
particelle individuate al Cern di Ginevra). Perchè consideriamo la
terra così sporca? Sarà colpa della martellante pubblicità che
fomenta battute di caccia domestiche al più innocuo batterio
dimenticato sullo scalino? Ai cartelloni WANTED, stile far-west,
appesi su tutti i palinsesti televisivi e cartacei, che ci mostrano
le facce di quei brutti ceffi tanto poco raccomandabili quanto
invisibili ad occhio nudo?
Eppure gli incarnati dei ritratti e le
ombre di tutti i pittori del mondo sono fatti con la Terra di Siena
bruciata...
D'accordo, obietterete voi,
l'impaludata Cremona non è minimamente paragonabile alla ridente
Toscana, ma nonostante ciò, con un moto di coraggio, mi son deciso a
riesumare il tocco delle pitture rupestri e a lasciare il morbido
tratto burroso dell'incarnato del Po su quello più pallido e smunto
della cellulosa.
Il secondo aneddoto è meno incentrato
sulle parole perchè si mescola, come vedrete, con le immagini.
Alcune sere fa, prima di addormentarmi,
stavo leggendo un bel libro spaparanzato sul letto.
Decido di spostare il fascio di luce
della lampada in modo tale che illumini meglio le pagine.
Mentre muovo il calice snodabile, mi
accorgo che la luce, quando le avvicino molto le dita, passa dal
normale giallo ad un rosso cremisi infuocato, quello dei più bei
tramonti che possiate ricordarvi, tanto per intenderci.
Affascinato da quel colore inusuale e
dall'aura di rubino che attornia la mia mano, rimango per alcuni istanti incantato davanti a quello
spettacolo inedito.
Sorpresa nella sorpresa, noto che non
solo la luce cambia radicalmente colore ma sembra penetrare la carne
stessa della mia mano ormai infuocata ed ecco che appaiono come per
magia, sottili venature dal colore scuro e ombre affusolate: nient'altro che le vene e le ossa della mano!
Mi ritrovo come bimbo curioso che ha
tra le mani, in tutti sensi, un gioco misterioso e inatteso, una
sorta di raggio x casalingo che ti trapassa il corpo e ti mostra come
davvero sei fatto, cosa contieni e cosa celi in quell'effimero
fagotto di ciccia e ossa che ti porti dietro ad ogni istante.
Prima carne, spessore, opacità e
materia; poi, tutto d'un tratto, energia, luce, fuoco e trasparenze.
Ciò che è celato e invisibile
all'improvviso appare, come inattesa teofania, di un te che non ti
aspetti, di un te stesso che ti spiazza.
A chi tenta ogni volta di cancellare il
grande senso di mistero della vita, a chi non è più capace di
meravigliarsi, suggerisco di passare una mezza serata con il proprio
bambino, poco importa se interiore o esteriore, per divertirsi un
mondo e lasciarsi, per una volta, meravigliare ancora.
Basta davvero poco, una di queste
lampade e soprattutto che non siate morosi con qualcuno dell' Enel.
:-)
A ben vedere questo gioco di luci e
ombre, di chiariscuri estremi, come in un quadro iper-caravaggesco, potrebbe
benissimo essere uno di quegli atti creativi e liberatori che tanto
piacciono al buon Jodorowsky.
A proposito di quadri, mentre rimiravo
quelle dita ormai non più mie, così trasfigurate da sembrare
obelischi o menhir vibranti di un' avanzatissima tecno-civiltà aliena , non potei non
immaginare come le eventuali foto fatte in quel frangente ricco di
poesia, avrebbero avuto un certo senso artistico o per lo meno suggestivo.
Allora, come se in realtà stessi
catturando un momento unico e irripetibile, un'arcana congiunzione di
raggi e pianeti, non riproducibile a piacimento, mi sono fiondato a
recuperare la macchina fotografica.
Ripropongo qui alcuni immagini al
naturale, non ritoccate o rielaborate.
La
semplicità non è mai stata così ricca e arricchente.
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