relitto dell'era contadina, in situ. val Borla (PC) |
Spaventa
uomini
in
balia del furor degli elementi
ormai
tuoi alleati, tuoi unici alimenti
svolazzi
al suon degli aliventi
alito
dei venti
che
riempe quelle tasche, scarne come le guance del contadino
che
ancora attendi, sull'uscio, come cucciolo fedele.
Il
tuo stomaco di pezze brontola ancora per la fame di un corpo
per
la schiena di un padrone.
Ormai
indossata solo da refoli controvento
che
invece di sospingere e incoraggiare
risucchiano
e rallentano
che
ti tirano la giacca da dietro
facendoti
girare
per scorgere l'orlo del ruvido lino
o gli ultimi scampoli
di paglia e fieno
ricordi
da rammendare
su
una trama del presente mal scritta e ancor peggio interpretata
da
chi intesseva le lodi del Paese dei balocchi,
che
ci ha irretito tutti, poveri allocchi.
Abbandonata
al sole come pelle di serpente
ti
sei sempre messa nei panni degli umili e dei semplici
I
bissi e le sete le hai lasciate ai santi patroni.
Tra
le fodere e le patte, come nascosto in un doppiofondo,
giace
il testamento di un popolo intero
svanito
nelle fiamme del frivolo impero.
La
giacca appesa
al
collo dell'innocenza
di
un popolo buono, forse fin troppo
dagli
occhi miti e le mani solcate da morbide colline
lavate
nel sapone delle zolle di terra
ora
trasformate in zollette di zucchero sdolcinato.
Ma
quant'è amara questa tua novella progenie.
Ma
quant'è angusta questa novella prigione.
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